Notule

 

 

(A cura di LORENZO L. BORGIA & ROBERTO COLONNA)

 

 

 

NOTE E NOTIZIE - Anno XX – 16 settembre 2023.

Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento è oggetto di studio dei soci componenti lo staff dei recensori della Commissione Scientifica della Società.

 

 

[Tipologia del testo: BREVI INFORMAZIONI]

 

Meccanismo delle mutazioni di EEF1A2 associato ad autismo ed epilessia. Il gene EEF1A2 del fattore di traduzione specifico per neuroni e cellule muscolari presenta mutazioni associate ad autismo, a una forma di epilessia resistente ai farmaci e a ritardo dello sviluppo. Mohamed e Klann, dallo studio del meccanismo di tre mutazioni di EEF1A2, deducono che eEF1A2 funga da ponte tra la traduzione e il citoscheletro actinico, assicurando processi essenziali per la fisiologia e la plasticità neuronica. [Cfr. PNAS USA – Epub ahead of print doi: 10.1073/pnas.2307704120, Sept. 11, 2023].

 

Olfatto: rivelata la struttura della mappa degli odori e la soggettività nella percezione. Vivek Sagar e colleghi, con una mappatura di alta precisione, hanno rivelato le basi neurali della soggettività presente in una parte della percezione olfattiva. Lo studio ha accertato che la dimensionalità degli spazi percettivi codificati aumenta dalla corteccia piriforme alla corteccia orbitofrontale. Mentre la codifica delle dimensioni di ordine inferiore è identica fra persone diverse, la codifica delle dimensioni di ordine superiore è individuale. I risultati dello studio indicano la corteccia orbitofrontale quale sede della componente di elaborazione soggettiva della percezione olfattiva. [Cfr. Nature Neuroscience 26, 1595-1602, 2023].

 

I neuroni dopaminergici regolano la dimenticanza oltre che la formazione di memorie. La segnalazione intracellulare via secondo messaggero ha un ruolo fondamentale nella memoria e nell’apprendimento. È ben nota la capacità dei neuroni dopaminergici di indurre la segnalazione cAMP per la formazione della memoria, ma ora Mai Takakura e colleghi hanno dimostrato che questi neuroni usano la segnalazione cGMP per indurre la dimenticanza. La dimenticanza è mediata da un’espressione genica che consente di ritenere la memoria per un periodo di tempo definito; così risulta che i neuroni rilascianti dopamina costituiscono una sorta di orologio che scandisce la durata della ritenzione mnemonica. [Cfr. Proceedings of the National Academy of Sciences USA – Epub ahead of print doi: 10.1073/pnas.2304851120, 2023].

 

Obesità: probabile differenza anatomica ipotalamica nel controllo della fame. Paul C. Fletcher e colleghi dell’Università di Cambridge hanno rilevato una stretta relazione tra il volume dell’ippocampo – e specificamente i nuclei implicati nel controllo dell’appetito alimentare – e l’indice di massa corporea (BMI). In particolare, le persone obese o in sovrappeso presentavano una dimensione maggiore di queste parti dell’ipotalamo rispetto alle persone di peso normale o inferiore alla stima fisiologica media. L’interpretazione di questa differenza rimane problematica, e si può ipotizzare tanto un processo neuro-infiammatorio già provato negli obesi, quanto un aumento di volume acquisito con l’incremento della massa corporea. In ogni caso, questa è la prima dimostrazione di un maggior volume dell’ipotalamo nelle persone in eccesso ponderale. [Cfr. Brown S. S. G., et al. Neuroimage: Clinical – AOP doi: 10.1016/j.nicl.2023.103478, 2023].

 

Il cervello dei coccodrilli ha una sensibilità al pianto dei nostri bambini superiore a quella del nostro cervello. Nicolas Grimault, un bioacustico dell’Università di Lione, e colleghi hanno allestito presso lo zoo di Agadir (Marocco), che ospita oltre 300 coccodrilli del Nilo (Crocodylus niloticus), un set di studio con degli altoparlanti che diffondevano il pianto in varie condizioni emozionali di scimpanzé (Pan troglodytes), di scimpanzé pigmeo o bonobo (Pan paniscus) e di lattanti della specie umana, che piangevano durante il bagno o una vaccinazione. La risposta di molti coccodrilli maschi e femmina al pianto dei bambini era l’immediato dirigersi verso la fonte del pianto e, a volte, mordere l’altoparlante. Lungi dall’esprimere una sensibilità al segnale emozionale superiore a quella delle stesse madri, questa alta reattività selettiva si ritiene sia da ricondursi alla rilevazione acustica della presenza di una preda. [Cfr. Molly Rains, Science 8 Aug., 2023].

 

I simboli si memorizzano meglio delle parole che esprimono lo stesso concetto. In 5 studi, condotti su un totale di 1100 volontari, Brady R. T. Roberts e colleghi hanno confrontato le prestazioni di memoria per simboli grafici, quali la “S” sbarrata per indicare i dollari o un cuore per indicare “amore”, con quelle ottenute con le parole che esprimono lo stesso concetto. La notevole superiorità dei simboli grafici è stata provata in questo studio per la prima volta; in passato era stata dimostrata solo la superiorità delle immagini sulle parole, coerentemente con la vecchia ipotesi formulata da Paivio (1969), secondo cui le immagini sono spontaneamente elaborate con una doppia codifica. [Cfr. Cognition (238): 105435, Sept., 2023].

 

Un piacere come l’ascolto della musica può migliorare le prestazioni cognitive. Impiegando la tecnologia MINDWATCH, basata su un algoritmo sviluppato da Rose Faghih che analizza l’attività del cervello di una persona dai dati raccolti da dispositivi EDA (electodermal activity), è stato accertato che piaceri della vita quotidiana, come ascoltare musica, bere caffè o annusare profumi, sono in grado di migliorare le prestazioni cognitive. [Cfr. Scientific Reports 13 (1): doi: 10.1038/s41598-023-37829-z, 2023].

 

Claustro: attualità del dibattito sulla sua fisiologia. Il nucleo laminare sotto-insulare descritto per la prima volta da Felix Vicq d’Azir nel 1786[1], poi denominato claustro e distinto in un segmento dorsale e uno ventrale, è rimasto un enigma per il suo ruolo funzionale fino all’ipotesi di Francis Crick e Christof Koch (2005) che, fra l’altro, prevede per questa struttura una funzione consistente nel legare e sintetizzare informazioni di differenti modalità di un evento del mondo reale, per creare un percetto altamente rilevante e significativo. Ad esempio, la composizione di tracce visive e uditive appartenenti a una persona in una sintesi coerente, che ci consente di riconoscerne l’identità senza averla vista, come quando si vede arrivare la sua auto dalla finestra e si sente la sua voce prima che appaia. Smythies, Edelstein e Ramachandran, per la prima volta nel 2014, hanno provato a ricondurre i vari aspetti anche contraddittori del complesso quadro dei risultati sperimentali ad un’ipotesi articolata ma coerente. Le obiezioni sollevate ad alcuni aspetti di questa proposta interpretativa hanno indotto gli autori a rivederne e modificarne alcune parti.

La discussione, che si è tenuta fra i nostri soci in questa settimana, è stata focalizzata su una tesi corrente, derivata dall’ipotesi dei tre neuroscienziati, secondo cui il claustro consisterebbe in un gran numero di rilevatori di sincronia semplici che rilevano e rispondono al grado di sincronia contenuto nei treni di scariche dei selettivi assoni di input. La sincronia intra-claustrale sarebbe facilitata dalle interazioni sincronizzanti tra le cellule P e le cellule IN GABAergiche, e mantenuta dinamicamente nei circuiti riverberanti cortico-claustro-corticali.

Sono state discusse due applicazioni di questa tesi, la prima relativa alle sincronizzazioni intermodali, la seconda alle sincronizzazioni intramodali.

A lungo, in passato, si è dibattuto sul modo in cui si ottengono le sincronie estese: secondo alcuni, si ottengono come la sincronia di un quartetto di archi; secondo altri, come per le orchestre, è necessario un conduttore: il claustro sarebbe il direttore d’orchestra dei ritmi cerebrali, secondo Smythies, Edelstein e Ramachandran, come già avevano suggerito Crick e Koch. [BM&L-Italia, settembre 2023].

 

L’imaging del cervello ci dice se uno psicopatico commetterà un omicidio? Gli psicopatici, caratterizzati da scarsa empatia, basso grado di sensibilità umana e di reazione al pericolo, in vari studi fMRI hanno presentato un volume maggiore di materia grigia nelle aree del sistema limbico e una minore connessione di queste aree alla corteccia dei lobi frontali. Kent Kiehl e colleghi hanno da tempo rilevato una più bassa attività nei circuiti che connettono regione corticale e limbica nel cervello di psicopatici in pena detentiva, quando sono impegnati in compiti implicanti decisioni morali ed elaborazione emozionale. È opinione comune che il grado di questa alterazione neurobiologica incida proporzionalmente sul comportamento, ma attualmente non abbiamo modo di stimare e misurare il peso dell’apprendimento morale e, soprattutto, manchiamo di un’analisi delle variazioni individuali dei rilievi di neuroimmagine in rapporto al comportamento.

Pertanto, non in termini di prevalenza e medie statistiche, ma per la prognosi comportamentale di una singola persona, il neuroimaging attualmente non fornisce gli elementi necessari a prevedere con certezza un omicidio. [BM&L-Italia, settembre 2023].

 

Perché i gatti vanno matti per il tonno? La preferenza per il pesce dei gatti la troviamo illustrata già in pitture egizie del 1500 a.C., ma il particolare gradimento per il tonno è venuto all’attenzione dei ricercatori solo di recente. È stato scoperto che i gatti possiedono l’apparato recettoriale gustativo per percepire, come noi, il sapore “umami” che, insieme con dolce, amaro, acido e salato, forma il paradigma gustativo di base. L’umami, che caratterizza molto il tonno, è il sapore dell’acido glutammico, quel glutammato monosodico aggiunto come “esaltatore di sapidità” in tanti snack e prodotti alimentari industriali per accrescerne il consumo. In questi giorni, subito dopo la pubblicazione della scoperta, un ricercatore asiatico ha avanzato l’ipotesi che i gatti siano stati predatori di antenati del tonno; ma questa possibilità è stata subito esclusa da biologi evoluzionisti, in base al fatto che il tonno si è evoluto circa 60 milioni di anni fa, mentre il gatto è apparso solo 10 milioni di anni fa. [BM&L-International from David Grimm, Science 25 A, 2023].

 

Si sottovaluta il contributo di Seneca all’idea dominante nel mondo classico di un’anima separata dal corpo. Oggi, quando si critica la separazione tra psiche o attività psichica del cervello e biologia del corpo, al massimo si ritorna a Cartesio, individuando nella distinzione cristiana tra anima e corpo una pesante eredità che creerebbe una tendenza più o meno consapevole a supporre due elementi irriducibili l’uno all’altro. In realtà, la convinzione dell’esistenza di un animo distinto dal corpo (lo schema o corpo dinamico rappresentato dai quattro arti in movimento) ha profonde radici nella cultura classica. Parlando della concezione di Seneca, Giovanni Reale affermava: “Sono fuori strada gli interpreti i quali ritengono si tratti soltanto di residui di influenze di Platone, o di una sorta di ripetizione di luoghi comuni: si tratta, invece, degli influssi determinanti che il rinascente Platonismo (Medioplatonismo) stava producendo su tutte le Scuole”[2]. E poi spiega l’antitesi radicale tra corpo e anima nel filosofo di Cordova con le sue stesse parole, che definiscono il corpo come un albergo in cui l’anima soggiorna per poco, come un peso e una pena per l’anima, come una gabbia o una prigione in cui l’anima è custodita.

La mortificazione cristiana medievale del corpo aveva avuto, oltre mille anni prima, un equivalente in Seneca che riteneva il disprezzo delle istanze istintuali “sicura libertà per l’anima”[3]. Il pensiero di Seneca – coincidente su questo punto con quello di Marc’Aurelio, uno stoico illustre capace di influenzare un intero popolo – faceva eco a quello delle maggiori scuole dominanti per secoli nel mondo ellenizzato romano. [BM&L-Italia, settembre 2023].

 

Il pensiero mitologico rivela modi arcaici di formazione dei concetti. Molti anni fa, il nostro presidente ha individuato in persone con un grado di istruzione molto basso la tendenza a usare l’identità di familiari o conoscenti per rendere qualità umane, sentimenti o atteggiamenti che non sapevano esprimere linguisticamente in forma astratta: sostituivano un’analogia personificata a un’astrazione simbolica che mancava al loro repertorio concettuale e verbale; invece di “pensare per concetti”, in questo caso “pensavano per persone”. Il nostro presidente accostò questo processo a forme conosciute del pensiero arcaico e ipotizzò che costituissero dei precursori delle forme di concettualizzazione astratta che noi sviluppiamo precocemente grazie all’insegnamento linguistico-concettuale genitoriale e poi all’istruzione scolastica. La personificazione di stati d’animo tipica della mitologia, culturalmente nobilitata dalla creatività letteraria greca, aveva avuto una remota origine nella necessità di rappresentare e comunicare contenuti che richiedevano una soluzione “analogica” per la mente arcaica.

L’elenco delle personificazioni mitologiche sarebbe straordinariamente lungo, ma ne ricordiamo solo qualcuna: Eris la discordia, Ate la mente ottenebrata, Anteros dio vendicatore dell’amore disprezzato, Deimo la paura, Fobo il panico, le Litai le preghiere, e le tre Erinni, cioè Aletto l’incessante, Megera la maligna, Tisifone la vendicatrice. [BM&L-Italia, settembre 2023].

 

La correzione di due errori di Natoli fa cadere tesi a sostegno di una visione deterministica. “Nessuno più corregge gli errori commessi da filosofi, pensatori e opinion makers; tutti si comportano come se fossero dei politici in cerca di consensi e simpatie, e gli sbagli oggettivi circa fatti e realtà conosciute rimangono nelle memorie mediatiche come se fossero delle opinioni”, lamentava Monica Lanfredini al Seminario sull’Arte del Vivere. Qui si riportano di Salvatore Natoli – che pur è stato in passato un apprezzato maestro di cultura greca, filosofia aristotelica e uso del pensiero filosofico al fine di rispondere a quesiti antropologici, esistenziali e morali – due errori rilevati e corretti dal nostro presidente al Seminario.

Scrive Salvatore Natoli: “Come è noto, siamo determinati, al pari di tutti gli animali, da istinti primari e assoluti: la fame e il sesso”[4]. Errato. Se la richiesta alimentare rientra tra i bisogni primari, cioè quelli che non soddisfatti portano a morte l’individuo, il desiderio di accoppiarsi è per definizione secondario, perché la sua mancata soddisfazione non porta a morte, ma solo nel caso ipotetico che tutti i membri di una specie non lo soddisfino mai si ha l’estinzione della specie. Poi non si comprende bene cosa intenda Natoli per “assoluti”: i bisogni elementari sono sempre relativi a uno stato funzionale: la fame è generata da uno stato di richiesta metabolica, e cessa dopo l’assunzione di cibo con lo stato di sazietà. Allo stesso modo accade per gli altri bisogni.

Un altro errore consiste nell’attribuire la guerra alle “dinamiche del desiderio”: ragionando in questo modo tutte le attività umane vi possono essere ricondotte, dissipando nella generalità di una fonte psicologica comune ciò che in realtà dipende pressoché interamente da processi coscienti, sviluppati nell’ambito cognitivo dell’interpretazione di schemi di pensiero politico, economico, ideologico e sociale nel loro intersecarsi con livelli e priorità etiche collettive, distinte dalla morale individuale.

La guerra non è rubare una mela per fame o dare un pugno in faccia per rabbia. Ridurre la guerra al bisogno e al nucleo della reazione aggressiva di una persona non vuol dire compiere solo un errore di livello, ma misconoscerne la natura e l’essenza di opzione meditata e radicata nella storia dell’organizzazione politica e sociale dei popoli, attraverso istituzioni quali le forze armate, l’industria bellica, gli istituti di studi strategici e militari, e da millenni attualizzata durante la pace a ogni generazione da addestramenti, esercitazioni, sviluppo di nuove armi e loro impiego simbolico per gli equilibri politici internazionali.

La guerra consiste in omicidi plurimi di massa, che possono diventare stermini, associati a distruzione di ambienti umani e naturali: la sua origine va rintracciata in tutte quelle strutture antropologiche, culturali, sociali, storiche e contingenti assimilate o adottate strumentalmente nel passaggio decisionale dalla pace al massacro di popoli. Con gli stessi bisogni economici e gli stessi desideri egemonici vi sono popoli che hanno trattato fra loro, hanno gestito la concorrenza o sono diventati alleati per secoli o per millenni, e popoli che nello stesso arco temporale si sono combattuti cercando di distruggersi a vicenda. La guerra è quanto di più lontano si possa immaginare da una reazione emozionale evocata da un bisogno o da un desiderio, non solo perché, in genere, chi la decide non vi partecipa direttamente e chi viene ucciso non l’ha decisa, ma soprattutto perché consiste in un’attività collettiva organizzata come modo di vita militare protratto nel tempo e finalizzato a dare la morte a una moltitudine di persone identificate come nemiche. In guerra si studiano e si pianificano le operazioni militari, spesso con cura minuziosa e calcolo di ogni dettaglio, mediante il freddo esercizio di intelligenza di molti strateghi che studiano come uccidere e distruggere.

Gli errori citati supportano l’interpretazione biologica deterministica del comportamento umano, seguendo la tendenza diffusa da decenni a indebolire il concetto di responsabilità sociale per le azioni e le condotte compiute deliberatamente da persone in possesso delle facoltà psichiche corrispondenti a quella che i giuristi chiamano “capacità di intendere e volere”. [BM&L-Italia, settembre 2023].

 

Notule

BM&L-16 settembre 2023

www.brainmindlife.org

 

 

 

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[1] La data erronea riportata da molti del 1813 si spiega con la pubblicazione postuma in quest’anno di un Trattato di anatomia del cervello di Vicq d’Azyr, quando questi era deceduto da tempo.

[2] Giovanni Reale, La filosofia di Seneca come terapia dei mali dell’anima, p. 120, Bompiani, Milano 2004.

[3] Giovanni Reale, op. cit., idem.

[4] Salvatore Natoli, L’edificazione di sé – Istruzioni per la vita interiore, p. 94, Editori Laterza GLF, Roma-Bari 2010. In questo saggio, l’errore figura già nel primo capitolo (op. cit., p. 15).